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Le attività post-market attive di natura clinica: recap

Riepiloghiamo il contenuto degli articoli precedenti, dove abbiamo descritto i principi che regolano le attività post-market attive di natura clinica.

 

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Mariagiulia Biscaro

Quality Management Systems Manager
Le attività post-market di natura clinica

In questo articolo riepiloghiamo il contenuto principale degli articoli precedenti, dove abbiamo descritto i principi fondamentali che regolano le attività post-market attive di natura clinica (in fondo alla pagina trovate i link agli articoli precedenti).

È fondamentale, a questo riguardo, ricordare che è il fabbricante a dovere stabilire, di volta in volta quale sia l’evidenza clinica sufficiente in relazione alla particolare open question che vuole approfondire. Questa è formulata sulla base di molteplici dati in ingresso: gli esiti della precedente valutazione clinica e del conseguente aggiornamento dell’analisi dei rischi, nonché delle informazioni provenienti dalle attività di PMS, siano esse attive o passive.

Definita la domanda, ovvero il quesito clinico cui è necessario dare risposta, il livello di evidenza clinica sufficiente sarà deciso in relazione alla sostanza stessa del quesito, ma anche in funzione del livello di innovazione tecnologica introdotto nel dispositivo, la sua classe di rischio, le sue specifiche caratteristiche progettuali, le indicazioni ed uso inteso, la target population, a quale punto essi siano nel loro ciclo di vita e quindi l’insieme di informazioni già disponibili, ottenute dalle attività di PMS e PMCF già condotte in passato.

I criteri per cui da una specifica open question, in relazione ad uno specifico dispositivo o ad una categoria di dispositivi, si giunge a determinare quale sia l’evidenza clinica sufficiente alla luce anche delle altre informazioni dette dovranno essere descritti in dettaglio, illustrandone il razionale, nelle procedure interessate del SGQ (solitamente, la procedura di Valutazione clinica e quella di PMCF). Questi criteri saranno resi operativi in sede di stesura dei piani di valutazione clinica e di PMCF, con preciso rimando alla procedura in cui sono descritti, e coerentemente con quanto in essa dichiarato.

Le tre principali attività di PMCF attiva che possono essere condotte (cui si affiancano altre, quali ad esempio l’interrogazione di database di avvisi di sicurezza, di studi clinici in corso ed altre ancora) sono usualmente le seguenti:

  • la somministrazione di questionari
  • l’esecuzione di ricerche bibliografiche
  • la conduzione di studi clinici

La somministrazione di questionari:

Il questionario permette di raccogliere informazioni direttamente dagli utilizzatori del dispositivo medico. I vantaggi dei questionari si possono così riassumere:

  • È possibile raggiungere, potenzialmente, un elevato numero di utilizzatori e raccogliere, quindi, molti dati in un setting real world
  • Se il questionario viene somministrato a medici all’interno di strutture sanitarie private, non è necessario richiedere l’autorizzazione all’Azienda Ospedaliera

Gli svantaggi sono solitamente:

  • Se non si riesce a dargli una diffusione piuttosto ampia il questionario raccoglierà evidenze limitate e difficilmente generalizzabili
  • Se il questionario viene somministrato a medici all’interno di una struttura sanitaria pubblica, deve essere richiesta l’autorizzazione all’Azienda Ospedaliera

Sebbene sia considerato uno strumento “semplice”, esso in ogni caso deve essere costruito con attenzione. In genere è opportuno:

  • Studiare la situazione specifica del dispositivo: in funzione dell’evidenza clinica ritenuta sufficiente definire con esattezza di quali dati si ha bisogno e quali aspetti possano effettivamente essere oggetto del questionario che sarà creato
  • Reperire se possibile in letteratura questionari validati che possano essere impiegati tal quali o, almeno, impiegati come falsariga per la costruzione del proprio: se si utilizzeranno questionari validati, gli esiti potranno essere confrontati con quelli riportati in letteratura
  • Verificare da un punto di vista statistico quale sia il numero minimo di questionari che è necessario somministrare: questo garantirà che l’evidenza raccolta sia più robusta
  • Costruire con attenzione le domande, soprattutto ipotizzando tutti i casi possibili di risposta, e presentando risposte, tra cui scegliere quella corretta, tra loro «escludenti»
  • Porre attenzione al linguaggio con cui il questionario sarà formulato, adattandolo al soggetto cui sarà somministrato
  • Creare e gestire appositi sistemi per la raccolta ed il trattamento dei dati provenienti dal questionario, anche in relazione alle diverse normative vigenti (quali, ad esempio, quelle sulla privacy).

L’esecuzione di ricerche bibliografiche

Le ricerche bibliografiche permettono di acquisire informazioni chiave in relazione a due momenti fondamentali della valutazione clinica: la comprensione di quale sia lo stato dell’arte aggiornato in relazione all’indicazione d’uso, scopo inteso, target population del dispositivo di interesse e il reperimento, per la successiva analisi, di dati clinici in relazione al dispositivo di interesse o a dispositivi ad esso equivalenti.

Nella pratica, sono condotte secondo l’approccio che segue:

  • Formulare le domande di interesse secondo l’approccio “PICO” (vedi oltre)
  • Identificare le parole chiave per ciascun elemento “PICO”
  • Pianificare la strategia di ricerca
  • Eseguire la ricerca
  • Raffinare i risultati
  • Rivedere quanto reperito
  • Valutare l’evidenza acquisita

Le domande, una volta formulate, possono essere scomposte per creare una lista di parole chiave da strutturarsi all’interno di una tabella organizzata secondo la struttura “PICO”:

  • Patient / Population / Problem
  • Intervention
  • Comparison
  • Outcome

Le stringhe di ricerca, ovvero l’input delle query, saranno solitamente costruite avvalendosi degli operatori booleani (AND, OR, NOT…), ricordandosi che il nesting è rilevante ai fini della ricerca; ad esempio, le due concatenazioni di keywords:

  • incidence AND cancer AND children OR child
  • incidence AND cancer AND (children OR child)

non sono equivalenti.

Ulteriori accorgimenti comprenderanno:

  • l’utilizzo di virgolette per identificare espressioni esatte (esempio “mal di testa”)
  • l’utilizzo di termini di troncamento per identificare keyword con la stessa radice (esempio child* = child, childhood, children, childish etc…

Le stringhe di ricerca, inoltre, permettono spesso di inserire (è il caso di PubMed) identificatori, ad esempio, del tipo di pubblicazione e della data di pubblicazione:

  • [Article Type]
  • [Publication Date]

Gli stessi identificatori saranno solitamente presenti, anche se con sintassi diversa, negli altri database potenzialmente consultabili, di cui citiamo i più frequentemente utilizzati:

  • (PubMed)
  • Cochrane Library
  • Scopus
  • Google Scholar

L’utilizzo di citation managers (quali EndNote o Zotero) può essere opportuno, sia per archiviare che per poi reperire in un secondo momento i riferimenti di interesse, anche in relazione a futuri aggiornamenti.

Gli studi clinici

L’attività di pianificazione di uno studio post-market dovrebbe, di regola, essere condotta da un team appositamente assemblato allo scopo: esso dovrebbe comprendere, almeno, il personale incaricato di gestire la ricerca e sviluppo dell’azienda, il responsabile degli affari regolatori, il responsabile dei clinical affairs, i membri del team dell’analisi del rischio, uno o più esperti clinici di riferimento, anche esterni, ed eventuali consulenti che possano essere d’aiuto, con la loro competenza, nel caso specifico (ad esempio, almeno un biostatistico).

Di seguito alcuni concetti chiave in relazione ai  disegni sperimentali possibili:

  • Il disegno sperimentale potrà essere di tipo retrospettivo o prospettico. Nel primo caso, è fondamentale ricordare che ciò che viene analizzato sono cartelle cliniche già compilate, e i criteri di selezione non sono su pazienti, in previsione di un reclutamento, ma su dati già raccolti. Generalmente gli studi retrospettivi forniscono un’evidenza clinica meno robusta rispetto gli studi prospettici, anche se vi sono numerosi fattori che possono modulare quanto appena asserito (ad esempio, studi retrospettivi relativi ad un numero piuttosto elevato di pazienti, o condotti su database raccolti prospetticamente, possono fornire un’evidenza clinica piuttosto rilevante e robusta). Gli studi prospettici, di contro, hanno il vantaggio che – definendo prima dell’attivazione dello studio i criteri di selezione dei pazienti – permettono di reclutare pazienti piuttosto omogenei, limitando così l’effetto di possibili variabili confondenti in relazione ai risultati ottenuti (pur realizzando, a volte, condizioni che poi non sono quelle che si riscontrano nella pratica clinica quotidiana).
  • Gli studi potranno essere di natura osservazionale o interventistica. Nel primo caso, il dispositivo medico sarà utilizzato secondo IFU, il suo uso sarà normale pratica clinica e, soprattutto – il suo impiego sarà indipendente dall’inclusione del paziente nello studio; la diagnosi e la valutazione del paziente saranno condotte come nella normale pratica clinica. Qualora una di queste condizioni venga a mancare, lo studio sarà di norma considerato interventistico (e porrà il paziente in una condizione di maggior rischio).
  • Lo studio clinico per eccellenza è considerato il Randomized Clinical Trial, lo studio prospettico disegnato allo scopo di evitare il più possibile l’introduzione di bias nei risultati; potrà essere condotto nelle forme di singolo cieco (solo lo sperimentatore è a conoscenza del trattamento ricevuto dal partecipante) o doppio cieco (né lo sperimentatore né il partecipante allo studio sono a conoscenza del trattamento ricevuto).

Nella pratica, e in relazione alla complessità del disegno sperimentale prescelto, nonché all’articolazione dello scenario normativo di riferimento, il fabbricante potrà quindi avvalersi di servizi consulenziali se non anche rivolgersi a CRO, preferibilmente specificamente dedicate all’organizzazione e conduzione di studi clinici su dispositivi medici.

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Mariagiulia Biscaro

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