Metallo e acetato di cellulosa sono i materiali oggi più utilizzati per realizzare le montature di occhiali. Se il metallo ha accompagnato l’evoluzione dell’occhialeria dai suoi esordi, l’acetato di cellulosa è entrato in gioco negli anni Trenta del secolo scorso.
Fino a quel momento, altra grande protagonista del mercato era la celluloide, nome commerciale del nitrato di cellulosa. Flessibile, leggera e di produzione relativamente semplice, era utilizzata per un’ampia varietà di oggetti, dai giocattoli agli articoli sanitari, dalle penne stilografiche ai plettri per chitarre.
La celluloide deve la sua notorietà, oltre che al suo utilizzo nella produzione di montature per occhiali, al suo prolungato impiego nel settore cinematografico. Fino al 1954, infatti, le pellicole erano fatte proprio di celluloide, poi soppiantata da altri materiali meno infiammabili.
Prima di rimpiazzare la celluloide nel settore dell’occhialeria (e in altri), l’acetato di cellulosa dovette attendere oltre mezzo secolo. Paul Schützenberger, un chimico francese, preparava l’acetato di cellulosa già nel 1865, ma si accorse che era difficile da sciogliere, e questo lo rendeva inadatto a un utilizzo industriale. Nel 1901 Cross e Bewan, lavorando alla struttura molecolare del materiale, ottennero la sua solubilizzazione in acetone.
La maternità dell’invenzione dell’acetato di cellulosa è attribuita a Camille Dreyfus e al fratello minore, Henri, che nel 1904 stavano conducendo ricerche in un capannone nel giardino del padre a Basilea, in Svizzera, allora importante centro dell’industria dei coloranti. Per cinque anni i fratelli Dreyfus studiarono e condussero esperimenti in modo sistematico. Nel 1910, mentre erano impegnati nella produzione di pellicole per l’industria cinematografica, affiancarono alla loro principale attività industriale una piccola, ma in costante crescita, quantità di vernice di acetato, chiamata dope, venduta alla nascente industria aeronautica, dove veniva impiegata per rivestire il tessuto che ricopriva le ali e la fusoliera dei primi aeroplani.
Nel 1913, dopo migliaia di esperimenti, i fratelli Dreyfus riuscirono finalmente a produrre campioni di ottima qualità di filati di acetato di cellulosa a filamento continuo, qualcosa che fino a quel momento nessuno era riuscito a realizzare. Nonostante i successi incoraggianti, lo scoppio della Prima guerra mondiale ne posticipò lo sviluppo commerciale.
Nel novembre 1914, il governo britannico invitò la dottoressa Camille Dreyfus a recarsi in Inghilterra per avviare una produzione industriale di acetato di cellulosa, fondando la “British Cellulose & Chemical Manufacturing Co”. Nel 1917, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, il Dipartimento della Guerra invitò il dottor Dreyfus a fondare una fabbrica simile negli USA.
A conflitto finito, l’attenzione tornò alla produzione di fibre di acetato. Dopo una certa resistenza dovuta ai legittimi e comprensibili interessi dei produttori di seta, il prodotto si diffuse con grande rapidità.
Oggi l’acetato viene miscelato con seta, cotone, lana e nylon per conferire ai tessuti un eccellente recupero delle pieghe, buon peso, maneggevolezza, qualità del drappeggio, asciugatura rapida, corretta stabilità dimensionale, potenziale colorazione incrociata, a un prezzo molto competitivo.
L’abbandono progressivo della celluloide e l’introduzione dell’acetato di cellulosa segnarono un cambio di rotta significativo in termini di sicurezza.
Questo materiale presenta molte altre qualità, tra cui:
- l’ottima processabilità;
- la versatilità, poiché, durante le varie lavorazioni, viene scaldato e risolidificato a seconda delle necessità;
- la buona tenacità;
- la resistenza all’urto;
- la stabilità a temperatura ambiente;
- la resistenza alla decolorazione se esposto alla luce solare.
Esso è, inoltre, resistente ai solventi organici, agli alcali e agli acidi.
L’acetato di cellulosa è uno dei materiali che viene utilizzato da anni con successo nella produzione di montature da vista e premontati. Tali prodotti, classificati come dispositivi medici, devono essere sicuri per l’utilizzatore sotto il profilo della compatibilità a contatto con la pelle e, a tal fine, i rispettivi fabbricanti sono chiamati a fornire evidenza per dimostrane la sicurezza biologica.
Grazie allo storico impiego di questo materiale, i fabbricanti possono sfruttare l’evidenza storica di non pericolosità dell’acetato di cellulosa nel contesto della valutazione di biocompatibilità.
La norma UNI EN ISO 10993-1:2021 “Valutazione biologica dei dispositivi medici – Parte 1: Valutazione e prove all’interno di un processo di gestione del rischio” definisce i principi generali da seguire per valutare la biocompatibilità di un dispositivo medico e viene utilizzata per determinare quali test eseguire sul dispositivo per provarne la sicurezza biologica. In particolare, è previsto che, prima di eseguire qualsiasi test, si proceda a una caratterizzazione dettagliata del dispositivo medico, ovvero a un’attenta analisi in termini di materiali di costituzione, uso inteso, processo di produzione, raccogliendo tutte le informazioni già disponibili e verificando quale sia, sulla base di esse, il profilo di biocompatibilità del dispositivo.
Questa valutazione determinerà la necessità di condurre o meno dei test sul dispositivo medico finito e, data la natura delle considerazioni che devono essere fatte, sarà fondamentale avvalersi di esperti in grado di analizzare i dati dal punto di vista tossicologico (ad esempio tossicologi ed esperti regolatori).