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Intervista a Giulia Bona

Oltre alla competenza e alla consapevolezza, il rapporto umano con i nostri clienti, da colleghi seduti dalla stessa parte della scrivania, è una componente altrettanto importante di come eroghiamo i nostri servizi.

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Intervistiamo Giulia Bona, Customer Experience & Business Development Manager di Clariscience.

Qual è stato il tuo percorso in Clariscience?

Sono entrata in Clariscience nel 2016 come specialist in ambito regolatorio e quality, dopo una breve esperienza – al termine della laurea breve in Ingegneria Biomedica – in uno studio di consulenza. Il contatto continuo col Cliente, e il coinvolgimento in dinamiche commerciali, mi hanno permesso di scoprire la passione per lo sviluppo del business, ed è così iniziato un percorso che oggi mi vede gestire, di concerto con la direzione, l’intera attività commerciale di Clariscience, grazie a due preziose collaboratrici, Valentina e Teresa.

Cosa hai trovato in Clariscience?

In Clariscience ho trovato prima di tutto un ambiente in cui il collaboratore – il suo benessere, la sua serenità – sono al centro dell’attenzione e, ne è testimone il mio percorso, è lasciato ampio spazio alla crescita anche quando questa può significare modificare la propria rotta anche in modo significativo. Ho trovato anche un’attenzione elevatissima alla competenza: sia nella fase dell’erogazione della consulenza, ma anche nel fatto che la formazione è all’ordine del giorno, sia quella on-the-job, sia quella finanziata dall’azienda, indipendentemente dalla posizione che ognuno di noi occupa nell’organigramma aziendale.

In cosa consiste il valore che senti di proporre ogni giorno ai tuoi clienti?

La passione per l’attività di business development è nata anche perché mi sono resa conto di potere dare un valore vero al cliente: non solo quello derivante dalla competenza, ma anche quello che deriva dalla consapevolezza. Quando eroghiamo consulenza sappiamo che il mondo del nostro cliente è articolato: anche quando “accendiamo” la nostra attenzione su un problema di tipo solo regolatorio, solo quality, solo di comunicazione scientifica – le ricadute che la nostra proposta di soluzione avrà possono riguardare, e solitamente riguarderanno, anche gli altri aspetti, inclusi quelli operativi specifici della sua realtà aziendale. Questo è un valore aggiunto che, come consulente, sono felice di potere offrire ai nostri clienti ogni giorno.

Cosa pensi della situazione attuale, da un punto di vista regolatorio europeo, nel mondo dei dispositivi medici?

È un mondo che sta cambiando e dove il “gioco” sta diventando sempre più, e giustamente, serio – visto che dalla performance e dalla sicurezza di un dispositivo dipende la salute di pazienti ed utilizzatori. Il Regolamento ha messo a fuoco, al di là dell’introduzione di nuovi obblighi, un “frame of mind” che, sebbene da adottarsi anche prima della sua introduzione, ora è diventato imprescindibile. Vedo la vera sfida – per tutti gli operatori economici – nella reale adozione di questa modalità di pensiero. In questo senso penso che il consulente possa (e debba) essere d’aiuto anche nell’aiutare il cliente a fare propria, realmente, questa visione delle cose. La strada, anche tecnica, è in salita e non bisogna farsi trovare impreparati. Per questo è stata accolta con sollievo la proroga al MDR di recente introduzione che però – a mio giudizio – dà appena il tempo necessario per riuscire ad essere veramente in regola. Consiglio a tutti di non sedere sugli allori, e di fare il prima possibile tutti i “compiti per casa”.

Quali pensi che saranno le prossime sfide tecniche e tecnologiche in questo contesto?

Non molti mesi fa è uscito un breve white paper di KPMG sull’argomento che mi sembra avere indicato alcuni punti molto interessanti: il primo, è la comunicazione con utilizzatore e paziente. Il mondo del dispositivo medico è sempre più immerso in una realtà che – grazie alla digitalizzazione sempre più spinta – è sempre più interconnessa, e che tutti sperimentiamo ormai ogni giorno – basti pensare alla pervasività dei social. È impensabile oggi non considerare, nel contesto del percorso di vita di un dispositivo medico, come si comunicherà a paziente e utilizzatore: sia questo in termini squisitamente di proposta di prodotto, così come in relazione al suo impiego. Dal mio punto di vista, questo aspetto sarà uno tra quelli sui quali l’attenzione sarà sempre più concentrata a breve e medio termine. Ancora, e sempre in relazione alle potenzialità offerte dalla digitalizzazione, assisteremo probabilmente ad uno sviluppo sempre più marcato dei sistemi di telemedicina, con tutti gli oneri che ne deriveranno in termini di gestione dei dati, e delle potenzialità che la loro archiviazione anche massiva e la loro conseguente interpretazione offriranno in termini sia diagnostici che prognostici: e a questo punto si collega quello che mi aspetto accada a breve, e forse ad un ritmo più veloce di quanto possiamo immaginare, ovvero l’introduzione in modo pervasivo di sistemi ed algoritmi di intelligenza artificiale.

Quali sono le conseguenze complessive di questi cambiamenti?

La conseguenza più importante di questi cambiamenti è una modifica sostanziale del livello di complessità da gestire nel momento in cui imprenditorialmente ci si affaccia, o si investe, in dispositivi medici – ancor più se tecnologicamente avanzati: non è più possibile, anche solo per la maggiore articolazione regolatoria, improvvisare, o improvvisarsi esperti. Il mondo del dispositivo è un mondo che ha un livello di specializzazione che, per complessità e articolazione, non è più diverso – ad esempio – da quello del farmaco: e gli aspetti che vengono toccati nel momento in cui un dispositivo è sviluppato, regolatorio, dei sistemi di gestione per la qualità, di comunicazione verso utilizzatore e paziente, legale, di accesso al mercato sono così ampi e interconnessi che noi stessi consulenti non possiamo neppure un attimo “perdere il filo” e non solo restare sempre aggiornati, ma anche riflettere ogni giorno sulle conseguenze anche pratiche, per i nostri clienti, di questa profonda articolazione e connessione. La sfida dei nostri clienti di portare con successo dispositivi sicuri e performanti sul mercato diventa quindi la nostra sfida nel fornire sempre consulenza tecnicamente impeccabile e pragmaticamente efficace.

In sintesi, cosa trova un cliente che si rivolge a Clariscience quando ha un problema da risolvere?

Trova, come ho detto, prima di tutto competenza, nutrita sia da una formazione costante e continua che dall’esperienza ormai decennale nell’affrontare problemi legati a prodotti anche molto differenti tra loro; trova sicuramente anche consapevolezza – sappiamo che ogni consulenza che forniamo, per quanto mirata a risolvere il problema presentato, è inserita in un contesto più ampio, e la sua efficacia si misura anche in quel contesto e non solo in modo puntuale. Ma, lo dico con un certo orgoglio, trova anche senso pratico, empatia ed umanità: il rapporto umano con i nostri clienti, sempre professionale ma da colleghi seduti dalla stessa parte della scrivania, è una componente altrettanto importante di come eroghiamo i nostri servizi.

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