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Il case report: come si sviluppa

Per alcuni aspetti, la stesura di un case report può rivelarsi più difficile di quella di un articolo relativo, ad esempio, a uno studio clinico più articolato.

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Paola Gallon

Medical Writing & Scientific Communication Manager

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Case report

A chi si occupa di medical writing sarà sicuramente capitato di volere, o dovere, scrivere un case report.
A prima vista si tratta di un’operazione semplice, ma non sempre è così. Anzi, per alcuni aspetti, la stesura di un case report può rivelarsi più difficile di quella di un articolo relativo, ad esempio, ad uno studio clinico più articolato. 

Cos’è il case report?

Il case report è un breve articolo che descrive un caso clinico. Fin qui, tutto appare piuttosto semplice, tuttavia le cose si complicano quando ci poniamo la seguente domanda. 

Perché si redige un case report?

Il case report, per definizione, ha N=1.
Che senso ha scrivere un articolo con una casistica N=1? La risposta non può che risiedere nella particolarità del singolo caso che ci si appresta a descrivere. Qualcosa, in quel caso, deve essere degno di essere raccontato. Più specificamente, deve essere degno di essere condiviso con i colleghi affinché anche loro ne siano a conoscenza.
Più volte il medical writer si trova alle prese con un clinico che richiede la stesura di un case report e scopre che il motivo che spinge il clinico alla pubblicazione sia il narcisismo, la voglia di apparire o semplicemente “perché si tratta di un caso bellissimo”. E spesso lo è, ma non racconta assolutamente niente di nuovo.

Perché un caso clinico abbia dignità di essere pubblicato, è necessario che non sia l’applicazione diligente di una tecnica già nota in un paziente qualunque.
Qualcosa deve essere differente, così che i colleghi possano venire a conoscenza di un caso particolare, un caso unico.

Alcuni esempi di situazioni che necessitano di un case report

Potrebbe trattarsi di un paziente che si presenta all’attenzione del clinico con una combinazione particolare di condizioni, la constatazione di un’anatomia singolare, l’applicazione intelligente (e sì, anche creativa) di una procedura o tecnica nota, che in un caso particolare ha permesso di ottenere un risultato altrimenti non raggiungibile. Qualcosa di così singolare che, condiviso col collega, possa arricchirlo.

E in tutto questo iniziano i problemi del medical writer.
Per la stesura di un manoscritto relativo a uno studio su più pazienti, più volte il writer ha come punto di partenza un semplice report dello studio.
Scritto più o meno bene, il report di uno studio clinico è sempre una miniera d’oro: contiene la sinossi dello studio, un’introduzione da cui attingere e tabelle con risultati. Solitamente esistono anche studi simili in letteratura che possono fungere da falsariga per la stesura del manoscritto da redigere.

Il duro compito del medical writer

Nella stesura di un case report, il medical writer ha pochissimi strumenti per poter scrivere in autonomia, proprio perché, se il caso è davvero così specifico e così singolare, per poterne mettere in luce le particolarità, il writer dovrà per primo comprenderle, sia da un punto di vista tecnico che per il significato che esse rivestono nel contesto clinico di interesse.
Ecco perché per la stesura di un case report, ancora più che per altri studi, alla competenza tecnica del writer si devono accompagnare curiosità, empatia e la capacità di stabilire col clinico un dialogo articolato ed efficace.
Al writer l’onere di “entrare con la testa” il più possibile nel problema clinico, per comprendere appiano le particolarità e la singolarità. Non solo competenza di scrittura, ma un ventaglio di vere e proprie soft skill al servizio del mondo clinico.

A volte, purtroppo, il sogno si infrange e anche il caso più singolare, più particolare, più “degno di essere raccontato” diventa letteralmente inenarrabile, se non è accompagnato da un’iconografia che ne permetta una descrizione efficace.
Al writer il compito, non solo di rendersi conto prima di iniziare a scrivere che l’iconografia non è adeguata, ma anche spesso di dare la brutta notizia.

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