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Intervistiamo Margherita Fort, Regulatory Affairs Manager di Clariscience

Gli affari regolatori dei dispositivi medici richiedono una preparazione puntuale, ma anche la capacità di declinare l’applicazione degli obblighi di legge – in funzione del dispositivo di interesse – in modo sia ineccepibile che pragmatico.

Dello stesso autore

Margherita Fort

Quale è stato il tuo percorso in Clariscience?

Sono entrata in Clariscience nel settembre del 2018 come Senior Regulatory Affairs Specialist. Dopo la Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, e dopo avere conseguito un Master in Health Economics ed Healthcare Management all’Università Ca’ Foscari di Venezia, il mio percorso lavorativo mi ha vista impiegata come Quality Assurance Specialist in una multinazionale dedicata al testing e come Regulatory Affairs Specialist in due aziende fabbricanti dispositivi medici rispettivamente a base di sostanze e impiantabili. Durante questo percorso ho compreso quanto per me fosse e sia tuttora importante lo studio a 360 gradi delle normative applicabili al mio settore, e ho compreso come il mio desiderio innato di approfondire in dettaglio i requisiti normativi, il loro significato, le condizioni per la loro applicabilità potesse trovare ampia soddisfazione nel mondo della consulenza, data l’eterogeneità di prodotti, aziende e situazioni che esso propone. Mi sono trovata quindi, in Clariscience, a gestire progetti via via più complessi, fino a raggiungere il ruolo di Regulatory Affairs Manager, coordinando l’intera business unit.  

Cosa hai trovato in Clariscience?

Clariscience è un’azienda peculiare, in quanto i manager come me condividono con la direzione la quasi totalità delle informazioni: non solo quelle relative alla propria unit, ma anche quelle relative all’intero andamento aziendale. Di fatto veniamo chiamati a intervenire, se lo desideriamo, nei processi di scelta strategica della direzione aziendale. In più, assieme agli altri manager delle diverse business unit, e assieme alla direzione commerciale, realizziamo un gruppo di coordinamento che ci permette di “vivere” quanto accade in azienda da una prospettiva più ampia di quella che potremmo avere solo coordinando la nostra area.

In cosa consiste il valore che senti di proporre ogni giorno ai tuoi clienti?

La consulenza regolatoria offerta da Clariscience è di prim’ordine. Lo è perché il tempo che viene investito nella mia area in termini di formazione regolatoria rappresenta una frazione particolarmente significativa: questo è vero sia in termini di aggiornamento continuo in relazione a tematiche già note, così come quando dobbiamo approfondire argomenti mai visti in precedenza. Alla competenza si aggiungono esperienza e pragmaticità: come consulenti abbiamo ormai 10 anni di esperienza sul campo – affrontiamo quindi i nuovi progetti sapendo fare opportuno riferimento, con le dovute distinzioni, a casi già affrontati in precedenza. A questo aggiungiamo un approccio prettamente pragmatico: sia io che le mie collaboratrici abbiamo lavorato, prima di erogare consulenza, in azienda. Sappiamo quindi quanto sia importante non solo che le soluzioni che proponiamo siano regolatoriamente corrette ma che siano anche sostenibili da un punto di vista di fattibilità. Per questo, durante la fase che precede l’erogazione dei nostri servizi, approfondiamo la conoscenza dell’azienda cliente e dei suoi processi a un livello di dettaglio che ci permette poi di “calare” nella sua realtà soluzioni concrete, applicabili, e che funzionano realmente. Un ulteriore vantaggio è che ogni servizio di consulenza fornito dalla mia area è erogato, quando serve, in collaborazione e confronto con le altre due aree di Clariscience. Le soluzioni che proponiamo considerano anche, quando necessario, come è articolato il SGQ del cliente e – qualora la nostra consulenza regolatoria coinvolga anche la necessità di valutare l’evidenza clinica disponibile – può entrare in gioco la nostra area scientifica, per una soluzione che affronti concretamente tutti gli aspetti del problema.

Quale è il tuo pensiero in merito all’evoluzione dello scenario regolatorio relativo ai DM e agli IVD?

Credo che il messaggio più importante oggi, per tutti gli operatori economici e soprattutto per i fabbricanti, sia quello di “non abbassare la guardia”, soprattutto in relazione alla recente proroga relativa ai Regolamenti MDR ed IVDR. È doveroso, innanzitutto, ricordare che la proroga – più precisamente, l’estensione del periodo transitorio – è applicabile solo ai dispositivi medici che rispettano determinate condizioni. Non per tutti i dispositivi, quindi, è possibile usufruire di questo “periodo di grazia”. Inoltre, le nuove scadenze (fine 2027 o fine 2028, in relazione ai diversi casi possibili), possono apparire due momenti piuttosto lontani nel tempo ma, di fatto, questo lasso di tempo potrebbe essere appena sufficiente a compiere i passi necessari. Da un lato si deve considerare il requisito – a cui far fronte non oltre il 26 maggio 2024 – di avere, tra le altre cose, un SGQ conforme all’MDR anche in presenza di soli DM “legacy”; dall’altro, il caso in cui l’evidenza clinica a disposizione sia limitata, o di qualità non sufficiente per dimostrare la conformità del dispositivo in relazione ai requisiti più stringenti dell’MDR. Il tempo a disposizione potrebbe essere appena sufficiente per riuscire a raccoglierla e strutturarla adeguatamente. Analoghe considerazioni, a mio giudizio, valgono in relazione agli obblighi per gli IVD.

Quali sono le tue considerazioni dal tuo “punto di osservazione”?

Vedo ogni giorno la documentazione tecnica di diversi fabbricanti, relativa a dispositivi medici anche molto eterogenei fra loro. Spesso mi rendo conto come la difficoltà del suo adeguamento sia sottovalutata – anche da parte di organizzazioni strutturate e con anni di esperienza di immissione in commercio di DM ed IVD. La conseguenza più importante del mutato scenario regolatorio è, a mio avviso, che non c’è più spazio per “improvvisare” e ancor di meno per “arrangiarsi”: sia per i fabbricanti, che – è doveroso dirlo – per chi fa consulenza. Oggi, immettere in commercio adeguatamente un dispositivo medico nel contesto di una strategia aziendale articolata, tenendo conto anche della fattibilità economica pre-market e della redditività post-market (quest’ultima intrecciata con la necessità di sostenere regolatoriamente e clinicamente claim “forti”, per una comunicazione efficace al target di destinazione) è un’attività ancora più complessa, che non può non essere condotta se non da personale con una specifica preparazione: e precisamente da un team con competenze multiple. Come consulente, il mio consiglio alle aziende e soprattutto ai fabbricanti – sui quali ricade il maggiore onere regolatorio rispetto gli altri operatori economici – è quello di assicurarsi di avere veramente questo team all’interno della propria organizzazione. In questo contesto, l’affiancamento dei consulenti deve essere visto come una reale opportunità: non qualcuno di “esterno” da cui l’azienda sarà costretta a dipendere, con tutti i rischi che ne conseguono, ma la possibilità di accedere – per specifici progetti – a competenze mirate che possano anche, attraverso eventuali programmi di formazione ad hoc, essere trasferite al proprio personale.

Come ti piacerebbe concludere questa intervista?

Trasmettendo a chi ci legge tutta la passione che il mio team ed io proviamo nell’approfondire questi temi. So che fa sorridere, ma l’uscita di una nuova MDCG, o la possibilità di acquistare e poi approfondire uno standard tecnico appena pubblicato, sono momenti che ci fanno felici: perché ci piace studiare, e perché sappiamo che grazie a questo saremo ancora più competenti nel fornire le risposte adeguate ai nostri clienti. A questi va un ringraziamento profondo per tutto quello che ci hanno permesso di imparare assieme a loro. A quelli che arriveranno: saremo felici di potere lavorare al vostro fianco. Sì, saremo esigenti e vi “costringeremo” a lavorare bene, ma lo faremo sempre… sorridendo. 

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