Quale è stato il tuo percorso in Clariscience?
Sono entrata in Clariscience nel luglio del 2019 come Clinical Affairs Specialist. Dopo la Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, e mentre lavoravo come Clinical Scientist presso la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, ho maturato il desiderio di confrontarmi col mondo della comunicazione scientifica e della trasmissione del significato del dato clinico in un contesto consulenziale. È stato così che ho iniziato il mio percorso in Clariscience. L’azienda allora, come oggi, era in forte crescita sia in termini di acquisizione di clienti, che di personale e fatturato. Mentre ottenevo il Master di II livello all’Università di Pavia in Tecnologie Farmaceutiche e Affari Regolatori, nel corso del mio primo anno in azienda mi sono stati affidati diversi progetti da gestire, di complessità crescente – permettendomi di comprendere di avere, e potere coltivare, delle capacità di natura gestionale e organizzativa. È stato così che nel 2020 sono diventata Coordinator e, a partire da gennaio 2022, manager dell’intera area che in Clariscience si occupa di erogare i servizi di Medical Writing e Comunicazione Scientifica – gestendo, affiancata da una preziosa Coordinator, Valentina – un team di 15 persone tra dipendenti e collaboratori.
Cosa hai trovato in Clariscience?
Clariscience è un’azienda dove ogni dipendente è chiamato – dagli stessi imprenditori che la guidano – ad essere, almeno in parte, imprenditore con loro. La condivisione degli obiettivi aziendali è limpida, e il percorso che l’azienda sta seguendo per raggiungerli altrettanto ben noto e disegnato. I manager come me sono messi a conoscenza in tempo reale non solo dell’andamento economico della propria area, ma dell’intero stato economico e finanziario dell’azienda; sono inoltre coinvolti nei processi di scelta strategica della direzione aziendale, e sono parte integrante del processo decisionale. A qualunque persona, in Clariscience, è dato ampio spazio e spunti di crescita. L’autonomia decisionale a livello di area che viene data ai manager è, nella sostanza, completa. Dopo un primo momento “spiazzante” rispetto una realtà che ho percepito subito come diversa, non ho potuto che comprendere di avere trovato un ambiente dove potere realmente crescere ed esprimere le mie potenzialità.
In cosa consiste il valore che senti di proporre ogni giorno ai tuoi clienti?
Clariscience è un’azienda unica nel panorama italiano ed europeo, in quanto è la prima che propone al cliente valore attraverso l’erogazione di servizi che afferiscono a tre diverse aree, Affari Regolatori, Sistemi di Gestione per la Qualità, Medical Writing e Comunicazione Scientifica. A chi lavora in Clariscience, pur specializzandosi nell’erogazione dei servizi di una di queste aree, è richiesto di acquisire competenze trasversali, relative anche alle altre. Qualunque servizio è quindi erogato con una consapevolezza profonda del contesto che ha portato il cliente a manifestarne l’esigenza. Ad esempio, non esiste documento prodotto dalla mia area, sia esso un articolo scientifico, un protocollo clinico, un manuale per l’informatore scientifico del farmaco, il testo di un sito web di e-commerce farmaceutico che non venga prodotto con estrema attenzione anche alle conseguenze di tipo regolatorio di quanto scriviamo. Il Cliente, così, riceve un’assistenza consapevole, realmente calata nel suo mondo e davvero rispondente alle sue esigenze.
Quale è il tuo pensiero in merito all’importanza della comunicazione del dato clinico e scientifico?
È importante definire cosa si intende. La comunicazione della scienza, infatti, può essere intesa in due modi. Da un lato come “divulgazione” della scienza – ovvero, la comunicazione della conoscenza scientifica ai non addetti ai lavori, compreso il grande pubblico, eseguita con lo scopo di informare correttamente e, perché no, di appassionare – come ha saputo fare sapientemente ed in modo irripetibile l’indimenticabile Piero Angela. Vi è poi la comunicazione del dato scientifico e clinico, ed è quello di cui mi occupo, che si realizza nel contesto della commercializzazione dei prodotti, siano essi farmaci, dispositivi medici, integratori e sì, anche i cosmetici – per informare correttamente gli utilizzatori, medici o meno. In questa seconda versione, comunicare il dato clinico e scientifico diviene un atto dai molteplici risvolti. Il più importante, vorrei sottolineare, è quello etico: siccome la comunicazione del dato sottende alla commercializzazione di un prodotto, è necessario che l’attenzione etica a quanto si comunica sia ai massimi livelli: l’interesse economico, infatti, si deve realizzare solo attraverso – anzi, proprio grazie – a una comunicazione scientifico-commerciale assolutamente corretta, dove ogni claim di sicurezza ed efficacia del prodotto trovi preciso e puntuale riscontro nel dato comunicato. Si tratta quindi, rispondendo alla domanda, di un processo di importanza fondamentale nel contesto della tutela della salute. Quello che ho imparato in questi anni in Clariscience è che è qualcosa che, per i diversi risvolti che ha, etici, regolatori, economici, di pura comunicazione – non può essere assolutamente improvvisato.
Quali pensi che saranno le prossime sfide in questo contesto?
Le sfide saranno diverse. Se pensiamo ad esempio al mondo dei dispositivi medici e diagnostici in vitro, i vincoli imposti dai nuovi Regolamenti Europei hanno già oggi una ricaduta importante in termini di qualità della comunicazione di prodotto, intesa come qualità dell’evidenza clinica che deve essere portata a supporto dei claim di sicurezza, performance ed efficacia – quegli stessi claim che poi si ritroveranno nel materiale di comunicazione per la rete commerciale, l’utilizzatore, il paziente. Oggi le aziende fabbricanti devono essere certe che questo fil rouge di coerenza tra dato clinico prodotto a fini di validazione e regolatori, documentazione tecnica dei dispositivi, valutazione clinica, materiale di promozione commerciale sia sempre integro e lineare. Che non si spezzi mai. Questo comporta, oltre a dover mantenere un senso etico e di onestà intellettuali comunque imprescindibili, anche a dovere scegliere strategicamente – oggi più di un tempo – come allocare i propri investimenti in ricerca clinica per superare i giusti paletti posti all’ingresso del mercato.
Una ulteriore sfida è, sicuramente, l’ingresso prepotente – anche nel mondo Lifescience – dei sistemi di Intelligenza Artificiale cui presumibilmente assisteremo nel corso dei prossimi 2-3 anni. Come li utilizzeremo per comunicare con utilizzatore e paziente? Come interverranno nel modulare la percezione da parte del pubblico di prodotti destinati alla prevenzione e cura? Interrogativi che chiamano in gioco prepotentemente il concetto di etica della comunicazione. Le risposte che saranno date, anche a livello regolatorio, avranno profonde ricadute – anche solo di natura puramente operativa.
Quali sono le conseguenze complessive di questi cambiamenti?
Credo che il take-home message sia che comunicare nel settore Lifescience oggi più che mai non può essere oggetto di improvvisazione. Lo scenario è di elevata complessità: l’oggetto della comunicazione, ovvero cura, prevenzione e salute, sono già di per sé di un’importanza tale per cui la sola declinazione di un messaggio dal contenuto scorretto, o che può essere compreso in modo scorretto, può avere serie conseguenze (si pensi, ad esempio, a certe comunicazioni “passate” in merito alla recente pandemia di COVID-19); i mezzi che si utilizzano per comunicare sono oggi molteplici, e caratterizzati da meccanismi di fruizione immediata, e mi riferisco a tutto ciò che è veicolato tramite Internet, social compresi; i vincoli regolatori sono cambiati anche in relazione alla comunicazione dei claim di prodotto; infine, all’orizzonte si affacciano sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale, quali ChatGPT, destinati a modificare la comunicazione come oggi la conosciamo. La conseguenza mi sembra chiara, comunicare in questo settore è già oggi, e sarà sempre di più un compito da affidare a personale, interno o esterno all’azienda, con apposita formazione ed esperienza.
Come ti piacerebbe concludere questa intervista?
Con un sorriso. Le mie giornate sono piene, rapide, a volte frenetiche. Gestire un team è impegnativo, ma le persone che lavorano con me sono semplicemente splendide. Gestire il cliente è un’arte, ma siamo capaci di accontentare anche chi è più esigente, o inizialmente più diffidente, o che non ha mai delegato alcuna attività di comunicazione e lo fa con noi la prima volta. Soprattutto, dopo un po’, si accorge che non lavoriamo solo per lui, ma lavoriamo con lui e che, oltre a fare sempre bene il nostro lavoro, sappiamo anche farlo sorridere.