La pubblicità è disciplinata da norme che impongono limiti di veridicità e correttezza. In ambito sanitario, il diritto a comunicare con il pubblico è ulteriormente limitato e non c’è da sorprendersi che la pubblicità dei dispositivi medici sia strettamente normata e che, con il passare del tempo, il legislatore sia intervenuto più volte per cercare di adattare la previsione normativa all’evolversi dei mezzi di comunicazione. La tutela del consumatore è il criterio di fondo che disciplina l’intera materia.
La pubblicità è libera, cioè non soggetta ad autorizzazione, quando è diretta a operatori sanitari: medici, farmacisti, fisioterapisti, tecnici di laboratorio, provveditori ed economi di aziende sanitarie, ecc. L’assenza di autorizzazione non implica, però, che il contenuto possa essere completamente arbitrario. Anche quando diretta a operatori del settore, la pubblicità deve essere: non ingannevole, non aggressiva, accessibile unicamente agli operatori. Questo ultimo punto assume rilievo particolare quando si tratta di pubblicità erogata tramite internet, dove sarà necessario accertarsi che il contenuto sia fruibile solo a operatori sanitari e professionali e non al grande pubblico.
Se intendiamo comunicare con il cittadino-paziente, il diritto alla pubblicità è fortemente limitato dalle regole poste a tutela del grande pubblico. La pubblicità può essere libera, vietata o soggetta ad autorizzazione. In alcuni casi possono imporsi dei contenuti obbligatori oltre all’autorizzazione. La pubblicità è libera nel caso di dispositivi medici non soggetti a prescrizione e quando sono promosse caratteristiche che rientrano nell’area della libera scelta del cliente. L’esempio tipico è quello delle montature per occhiali. La pubblicità è vietata nel caso di dispositivi vendibili unicamente dietro prescrizione medica o che necessitano dell’assistenza di un medico per essere utilizzati.
La pubblicità è sottoposta ad autorizzazione per molti dispositivi, quali: lenti a contatto, profilattici, cerotti disinfettanti e molti altri. In questi casi è spesso richiesto l’inserimento di informazioni obbligatorie a tutela del consumatore.