A seconda dei casi, la pubblicità dei dispositivi medici può essere libera, soggetta ad autorizzazione o addirittura vietata.
Consulenza per distributori e importatori DM e IVD
A differenza di quella destinata a promuovere altri beni, la pubblicità dei dispositivi medici è disciplinata da norme che pongono limiti stringenti e diversi a seconda che il destinatario del messaggio pubblicitario sia un consumatore finale o un operatore sanitario.
Mettersi in regola con le nuove disposizioni europee rappresenta anche un vantaggio per tutti gli operatori della filiera.
L’inserimento della figura del distributore tra gli operatori economici che fanno parte della catena di fornitura dei dispositivi medici in tutto il loro ciclo di vita, delinea un’idea molto chiara del legislatore comunitario di voler rafforzare il controllo sul prodotto[...]
Tra le novità introdotte dal nuovo Regolamento sui Dispositivi Medici ve ne sono alcune che riguardano coloro che distribuiscono dispositivi medici, ovvero, coloro che mettono a disposizione sul mercato un dispositivo nel contesto di un’attività commerciale, sia che questo avvenga[...]
Un decreto firmato dal viceministro della Salute Pierpaolo Sileri lo scorso 6 ottobre ha abolito l’obbligo di autorizzazione per fare pubblicità ai preservativi. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 14 novembre, il decreto entrerà in vigore a partire dal 30 novembre.
L’MHRA si sta preparando ad una BREXIT senza accordi. Scopriamo come e guardiamo alle principali criticità, a partire dallo status dell’Irlanda del Nord.
È stato pubblicato un documento che ha l’obiettivo di fornire informazioni sulle condizioni necessarie per immettere legalmente sul mercato dell’UE dispositivi medici e di protezione individuale, in particolare per quanto riguarda il marchio CE e i documenti di accompagnamento, nel[...]
Brexit, quanto tempo avranno le aziende per apportare le modifiche per garantire che i medicinali siano conformi al diritto UE e possano rimanere sul mercato?
Il Regno Unito sta cercando di venire fuori dal pasticcio politico creatosi all’indomani del referendum del 2016. Dopo tre anni è chiaro a tutti che l’Europa non è un mercato che i produttori britannici possono permettersi di perdere.